Vi siete mai chiesti quanto a lungo possano durare le cicatrici lasciate dalla violenza? Non solo sul corpo, ma anche sull’anima? Il 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, è il momento per rifletterci insieme. Oggi voglio condividere la storia di una persona a me molto cara che, pur non coinvolgendomi direttamente, ha influenzato profondamente la mia vita. Perché la violenza non ferisce solo chi la subisce, ma lascia segni indelebili anche sulle persone che le stanno accanto.
La mia ragazza è stata vittima di violenza quando era solo una bambina, in un momento della sua vita in cui avrebbe dovuto conoscere solo spensieratezza e gioia. Purtroppo,si è trovata di fronte a uno dei lati più crudeli della realtà in una fase di totale innocenza. Per me è difficile, forse impossibile, immaginare cosa significhi affrontare un trauma simile a quell’età. Tuttavia, fin dal primo momento in cui me ne ha parlato, ho cercato di comprendere il suo stato emotivo, di immedesimarmi in lei e soprattutto di esserle vicino con pazienza e comprensione.
La sua maturità è una delle cose che ho sempre ammirato di lei, ma ho capito che non è nata da un percorso naturale. È stata costretta a crescere troppo in fretta, perdendo l’infanzia che spetta ad ognuno di noi. Questo trauma ha avuto ripercussioni profonde: ha reso difficile per lei sviluppare relazioni serene e fidarsi degli altri, specialmente degli uomini. Ha dovuto affrontare dubbi e paure legati alla propria sessualità e imparare, passo dopo passo, a ricostruire la fiducia verso gli altri. Si è spesso isolata, cercando di affrontare il trauma da sola, ma così facendo, senza rendersene conto, finiva per farsi ancora più male.
Nei primi mesi della nostra relazione abbiamo affrontato difficoltà proprio su questi aspetti. Per lei era complicato esprimere pienamente il suo amore nei miei confronti e una delle cose più dolorose è stata vederla lottare con l’incapacità di trasmettere le proprie emozioni a pieno. Questo trauma aveva radicato in lei convinzioni profonde su se stessa e sugli altri, influenzando la qualità del nostro rapporto. Per esempio, a livello intimo, il trauma aveva reso difficile per lei relazionarsi con il mio corpo e vivere serenamente la bellezza della condivisione e della sessualità.
Nonostante tutto, credo sia fondamentale restare accanto a chi è stato vittima di violenza. È stato difficile e in molti momenti ho sentito su di me le ripercussioni di questo dolore. Ma, anche quando la situazione diventava pesante o ardua, non ho mai pensato di abbandonarla. In ogni momento ho cercato di ascoltarla, di immedesimarmi nelle sue emozioni e di essere per lei un luogo sicuro. Sapevo che dovevo offrirle uno spazio accogliente e paziente, dove le capacità emotive che non aveva potuto sviluppare potessero trovare modo di crescere.
Non sempre ci sono riuscito. A volte non sono stato il compagno accogliente e disponibile che avrei voluto essere, perché è difficile essere sempre al 100%. Voglio dire a chiunque si trovi in una situazione simile che è normale sentirsi sopraffatti o fare errori. Non bisogna mai smettere di supportare e credere nell’altra persona, ma è altrettanto importante accettare i propri limiti. Accompagnare qualcuno in un percorso di guarigione è complesso e può essere faticoso anche per chi offre sostegno.
Spesso le vittime sembrano voler gestire il trauma da sole e può essere facile pensare che il nostro aiuto non sia necessario. Ma è importante riconoscere quando l’isolamento è una conseguenza diretta della violenza subita e aiutare la persona a vedere questa realtà, incoraggiandola a non affrontare tutto da sola. Lasciate da sole, molte vittime sviluppano ulteriori difficoltà, spesso scambiandole per soluzioni al trauma, quando in realtà non fanno altro che approfondirlo.
Questa esperienza mi ha insegnato quanto sia importante ascoltare e rispettare i tempi e i bisogni di chi porta con sé ferite così profonde. Non si tratta solo di offrire affetto, ma di essere una presenza stabile, costante e paziente. La violenza non deve mai essere ignorata. Parlarne è il primo passo per combatterla e per supportare chi ne è stato colpito. Non voltatevi mai dall’altra parte. Siate quella presenza costante, quella spalla su cui chi soffre può appoggiarsi.
Anonimo
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