A chi è ancora qui per raccontare, a chi purtroppo non ce l’ha fatta e a chi spero non viva mai questo dolore. E anche a mia mamma, la donna più forte e coraggiosa che conosca, che è riuscita a uscirne.
Violenza domestica. Paura. Urla. Paura. Lividi. Paura. Solo tanta paura.
Due anni di terrore e purtroppo non se ne capisce il meccanismo fin quando non si vive. Un ciclo ininterrotto; un cerchio che gira ma senza capo e senza fine. Pesante per una bambina di otto anni ma straziante per una donna di quarantuno. Nella beata ignoranza si chiede spesso “perché non è andata via?”. Oh cari quanto avrebbe voluto, ma quanto non ha potuto. Un po’ per amore, un po’ per il passato, e un po’ perché ognuna di noi ha un limite. Prima si avvertono I primi campanelli di allarme, la tossicità, la gelosia, la possessione, che poi si trasforma in ben altro. Ricordo che lo sentivo dire “scusami, non lo farò più, davvero perdonami”. A volte ci credevo anche io. E più vai avanti più sposti il tuo limite. A ogni schiaffo, a ogni scusa, a ogni pugno, a ogni sedia, a ogni livido. Pezzo per pezzo il tuo limite si corrode. Ed è così che diventa un ciclo, tanto infinito quanto straziante da interrompere.
Quando si sentono le storie di violenza domestica, spesso sfociata in femminicidio, mi si stringe il cuore. Perchè rivedo la mia mamma incastrata in quei due anni. La mia dolce mamma. Rivedo I suoi lividi, I segni, risento le sue urla, rivivo I momenti in cui ho pensato “adesso l’ammazza”. Da bambina il trauma che ti lascia un’esperienza del genere non lo comprendi, ancora non lo senti. Ma lo vivi dopo. Come? Nella sensazione di impotenza, nel sorriso finto, in quel nome, nel contatto fisico di troppo, nello scherzo eccessivo, nelle maniche lunghe, nel fondotinta, nella manipolazione, nella pressione psicologica, nel rumore delle ciabatte che strusciano per terra, nel frastuono delle sedie, nel volto spento, nelle cuffiette per isolare le urla, nelle porte chiuse, nelle chiamate di aiuto. Ma questa per fortuna è la storia di una donna che ha trovato la forza di uscirne e di una figlia talmente fiera da volerlo raccontare.
Trattatele con cura, con amore e con delicatezza le donne che avete al vostro fianco affinchè non siano l’ennesimo numero di una lista ormai lacerante. Tutte quelle vite, tutte quelle scarpe, tutte quelle donne e tutte quelle ragazze. Questo è anche per voi. Affinchè almeno lassù possiate trovare la pace che tanto cercavate quì in mezzo a noi.
“Perché? Perché l’ha picchiata? Perché l’ha uccisa? Cosa ha fatto lei?”… non è importante. Perché avrebbe anche potuto rispondere male, vestirsi scollata, dare attenzioni a un altro uomo o anche tradire; e lui comunque non avrebbe mai avuto il diritto di metterle le mani addosso o di spegnerle il sorriso, ragione di vita di molti altri.
Anonimo
Photo credit: La Repubblica